(di Gino Reggiani)
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La seconda opera “narrativa” dello scrittore parmigiano, dai plurimi interessi – Luciano Rossi è ingegnere, psicoanalista, studioso di scienze sociali e di filosofia – si presenta come “una silloge di racconti”; ma rivendica anch’essa, come già La scala di Shepard dello stesso autore, lo “statuto di romanzo”. Si snoda infatti secondo una struttura unitaria, tenuta insieme da un filo logico, formale e sostanziale al medesimo tempo.
Per sbarazzarci subito della necessità della critica (letteraria?) diremo che questa seconda prova narrativa dell’autore conferma l’attesa dei lettori e l’auspicio degli amici: Luciano Rossi migliora nello scrivere e se il suo primo libro rivelava già un talento fruttuosamente speso, questo secondo costituisce la più autentica conferma che è la musa e non il caso a guidare la mano del narratore.

Naturalmente anche qui siamo in presenza di un pretesto, di un congegno narrativo che mira a riproporci una guida filosofica, perché Rossi ancora una volta si insinua nel mistero del mondo e della vita e conduce il lettore ben oltre lo spunto iniziale, peraltro molto ben costruito, non solo per sollecitarne il pensiero, ma per indicargli anche un impulso per l’azione: c’è infatti, trasparente, un’ispirazione etica che sorregge l’impianto descrittivo e ne giustifica la trama.
L’autore però intende anche trasmettere un messaggio di salvezza e per questo si rivolge soprattutto ai giovani, dall’alto dell’esperienza e dell’età, per indurli ad una sana e serena accettazione della vita e della realtà, ovvero, svolgendo il tema che naturalmente deve restare per lo più inespresso, poiché è compito del romanzo alludere e non fornire spiegazioni, si potrebbe dire pressappoco questo: il mondo e la vita degli uomini – l’essere, come si diceva dai filosofi, oppure tutta la realtà, come dicono i più – rispondono ad una forza ignota e probabilmente inconsapevole di sé, chiamata Fisi, che determina il destino universale e quindi anche degli esseri umani, i soli che ne possono prendere coscienza, non curandosi affatto dei loro desideri ed esigenze, che, nel migliore dei casi, vengono soddisfatte solo parzialmente e, soprattutto, temporaneamente, poiché il tempo, altro grande protagonista dei racconti, si porta via ogni cosa, prima di tutto le più belle.
Ogni resistenza a questa legge eterna è vana ed anzi procura ancora più dolore e smarrimento: quando il vento della storia si alza più impetuoso non solo i singoli uomini, ma grandi imperi, nazioni potenti, civiltà una volta felici e feconde sono spazzate via.
A questo Vento non ci si può opporre, ma soltanto piegare, apprestando ripari e difese, “la Legge”, che sul piano del singolo assicurano quantomeno la serenità della vita, minacciata per la verità non soltanto dal vento che soffia inclemente, ma anche dalle inadeguatezze ed imperfezioni della natura umana, più facile all’errore che alla verità, maligna e malvagia quanto basta per procurarsi mali reciproci, ricettacolo di vizi, piuttosto che di virtù.
Una visione dunque pessimistica che richiama naturalmente alla memoria l’Ecclesiaste e Schopenhauer, Goethe e la tragedia greca, Leopardi e Thomas Eliot: tutte ottime letture, cui Rossi coniuga senza sovrapporla una ricca esperienza di vita e di lavoro soprattutto – con quante miserie umane vengono a contatto gli psicologi! – che non lascia scampo e guarda con severità al corso della vita e all’essere nel mondo.
Del resto, a guardarle da questo punto di vista, le testimonianze della presenza del dolore – ma anche del fastidio, della noia, dell’irritazione e di tutti gli altri sentimenti negativi che sovrastano gli uomini – sono abbondanti e non certo confutabili e questo tanto nella vita dei singoli quanto nella storia delle collettività, più o meno organizzate che si sono avvicendate nel corso dei millenni.
Tuttavia l’umana saggezza è sufficiente a respingere gli assalti della sorte – del Vento che imperversa! – non per guarire dall’umana condizione di miseria, ma almeno per affrontare con serenità le dure prove che attendono chiunque.
( Luciano Rossi, Il Vento e la Legge. La breve luce dei giorni, Clinamen, Firenze 2008, pp. 87. Riduzione dalla recensione di Gino Reggiani su Aurea Parma, rivista quadrimestrale di storia, letteratura, arte; anno XCIV, fascicolo I, gennaio-aprile 2010. )
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Nota bibliografica.
Per uno sguardo all’intera opera di Luciano Rossi https://lucianorossi6.wixsite.com/scripta/la-scala-di-shepard